OMAGGIO A DON GOACCHINO BELLA.

 

 

Don Gioacchino Bella nasce a Posta in provincia di Rieti nel 1905.

Entra in seminario giovanissimo, ne esce per venir ordinato sacerdote il  25/05/ 1930,

Dall’allora vescovo di Rieti Monsignor MASSIMO RIBOLDI.

Come primo incarico (e sarà anche l’ultimo) viene inviato come parroco a Piedelpoggio , la più grande delle frazioni dell’altopiano leonessano, allora densamente popolato anche se solo da pastori e contadini.

Ha solo 25 anni e mai avrebbe forse immaginato di trascorrere in quel luogo i 70 anni della sua lunga vita sacerdotale. Anni durante i quali ha assistito allo sviluppo tecnologico e culturale di questo secolo, alle volte adeguandosi a fatica al cambio dei costumi dei modi di vivere e di pensare delle nuove generazioni.

Lo ricordiamo tutti durante i suoi sermoni, pronunciare la frase “ a vedere la televisione vanno “, quando nei primi anni 60 l’allora giovane televisione italiana distraeva i suoi parrocchiani. O quando dal pulpito riprendeva le prime donne che andavano in chiesa sbracciate e a capo scoperto, o con abiti per la mentalità di allora piuttosto succinti.O quando riprendeva i ragazzi, che durante la messa disturbavano con le loro chiacchiere e risa e con i quali faceva poi i conti in sacrestia alle volte anche in modo piuttosto brusco.

E’ sempre in prima linea al fianco dei suoi parrocchiani anche al di là del suo mandato. Si batte e ottiene l’apertura dell’ufficio postale, dando anche l’uso gratuito del locale. E’ al fianco dei suoi parrocchiani anche quando si tratterà di non farlo chiudere, si batte per asfaltare la strada con Villa Immagine.

E’ in prima linea anche nel 44, quando le truppe nazifasciste occupano il territorio di leonessa e deportano i suoi parrocchiani, per difendere i quali rischia anche lui la fucilazione, riuscendo poi grazie alle sue conoscenze ad ottenere non solo la loro liberazione, ma la liberazione di tutti coloro che furono deportati nell’altipiano.

Ottenendo per questo dal presidente della repubblica, OSCAR LUIGI SCALFARO, su richiesta di alcuni suoi parrocchiani, di potersi fregiare del titolo di cavaliere della Repubblica il 29/10/1993 ,del quale peraltro per il suo carattere schivo si vergognava anche un po’.

E’ tra i primi ad avere la macchina, tutti noi lo ricordiamo a bordo della topolino percorrere in lungo e largo l’altipiano per svolgere il suo ministero, o accostato con la sua cinquecento al bordo della strada leggere la sua bibbia , o percorrere il paese alla ricerca dei ragazzi da portare alla messa. Vecchie immagini scolpite nella nostra memoria a cui  siamo affezionati come eravamo affezionati a te grati per averci dedicato settanta anni della tua vita.