LA SFERZA
Per i miei critici e contrari


STANZA PRIMA
Della mia vita in mezzo dei cammino, Fors'ero giunto e più libero e sano, Allor quando più facile il pallino, A me solea girar benchè pian piano; Quando Euterpe solèa starmi vicino, E la malinconia sempre lontano, Che lieto il cuore per aver nel seno, Scioglievo spesso alle mie rime il freno.
2
Dai scapestrati giovani sovente, Ero spinto di far per un'amante Tradito, qualche satira pungente Contro diva infedele ed ignorante; Per cui più volte scrissi, e di repente Vèr la parte di occaso e di levante, Scritte con versi piani e rime pronte, Le mie carte mandai da valle in monte.
3
Perchè piaceva a tutti, il naturale Ancorchè rozzo e debole mio stile, Molti dei casi lor, del proprio male, Di ragionarmi non avevano a vile; Affinchè in un Iunghissimo verbale, Avess'io scritto al cominciar di aprile, E di maarzo al finir senza cautele, Contro chi chiude in petto tu, cuor crudele.

4
Senza molto esitar, senza lusinga, lo feci allora una scrittura lunga, Che chiamar volli Pastoral Siringa, Quale sembra che molti offenda e punga; Benchè la penna mia, quì non dipinga Quanto dovuto avrìa, neppure aggiunga, Certe cose che omai par che convenga, Con nuovi versi a celebrar le venga.
5
Perchè l'Opera suddetta, a quella gente Piacque, per essere delle muse amante, Perchè parla scherzosa apertamente In uno stile facile, e galante; Per certuni però fù dispiacente, Che gli scoprì le corna tutte quante, E i loro vizi, e le virtù distinte, Voleano che da me fosser dipinte.
6
Pertanto di mia patria in varj lochi, Di ciarlar contro me par che fatichi, La ciurma dei contrari, è dei bizzochi, Che forse più di me sono impudichi Cotesti fali che non son pochi, Da levargli la pelle a par dei fichi, Sembra che a sommo onor, ciascun si rechi Seguir lo stil di Morno ad occhi ciechi.
7
Teso, questi per i?ne, tengon l'arco, Per poter darmi il titolo di porco, Perchè sul fatto di Giovanni e Marco, Composi poche ottave in metro sporco Ed aggiunge il più rigido Aristarco, Che dopo morto devo andare all'orco, Se quanto prima moderar non cerco Il mio stile, con cui la gente merco.

8

Non spapendo trovar la peli al verso, Perchè de' studi non fecero il corso, Givan dicendo con il cuor perverso, In qualche loro insipido discorso : Ch'io senza meno mi troverei perso, Scriver sul Sacro, senz'attrui soccorso, Con rime aneste, perch'è lor ben parso, Che in tutto, io son di bei concetti scarso.
9
Siccome più di lor sono educato, In pace un tal parlare avrei sentito, Finchè dalla trachea l'ultìmo fiato, Forse a ciascun di lor bene sortito Ma vi fu qualche amico sviscerato, Che nella mente lo tengo scolpito, Dopo cotesto intrico aver saputo, Non potè rimaner con labbro muto.
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Per cui i?ni prese a dir : quel pien di vento Stuol di ciarloni, che di tanto in tanto, Van dicendo che tu noti hai talento, Per fare una modesta Opera in canto Non ti devi mostrar, tardo nè lento, Chiuder la bocca a quei se puoi, di un santo Scriver la vita, con virgola e punto, Sino a tanto che al termine sei giunto.
11
Fra l'altre cose io ti presento il tenia, Se un fido amico di obbedire hai brama, Sul nostro cappuccin fare un Poema Potrai, che da ciascun si adora e si ama; Fa che la musa tua cambi sistema, Se un desìo caldo di far ciò ti chiama, Fa che la penna tua scriva ogni rima Onesta e sei?ia, e non qual solea prima

12
Scritta e stampata, se volesse il caso, Che per lo stile facile e brioso, Piacevol fosse, son ben persuaso, Di acquistarla nessun sarìa ritroso Dell'istesso desìo ch'io sono invaso, Trovasi in patria un POPOL numeroso, E di Santo Giuseppe io lo ravviso, L'opre belle sentire esser deciso.
13
Inoltre mi dicea col suo parlar Potrai coll'Opra qualche lucro avere, Tante fatiche tue per compensare, E chi di questo non avrìa piacere? Perchè a me tal consiglio ottimo pare, Di doverlo seguir parmi dovere, Non già per acquistar gloria ed onore, Ma perchè avevo il verseggiare in cuore.
14
Sulle deboli spaíle, eccomi posto A paragon dell'asinello il basto, Che sebben nel pensier fossi disposto, Cotanto peso a sostener non basto ; Del cappuccino che ,ni fu proposto, In ozio, per trovar non son rimasto, La vita in prosa, che ne fui provvisto Da buon vergar, che ne avea fatto acquisto.Penso in prima pigliar savio consiglio,
Conforme appunto in altri casi io soglio,
Quindi mi pongo in mar col mio naviglio
Senza punto temer, l'ira e l'orgoglio
Fatico e sudo con sereno ciglio
Avanti vado, ancorchè in duro scoglio, Urto sovente, al fin del te! ' o luglio Salvo mi trovo, fuor ell'ingarbuglio.

16
Tu che pratico sei per quanto basta, Lettor, fare al mio di pronta risposta, Comprender puoi colla tua mente vasta, Che l'Opera perfetta abbia composta; Fatto avendo di versi una catasta, Di valle in valle, e poi di costa in costa, La fama vola a par dei vento presta, Che svella il tutto, in quella parte e questa.
17
Da' varj amici e da ciascun patriotto, Mi sento suggerir di tratto in tratto, Mandar l'Opera scritta ai torchi sotto, Ora che il tutto è stabilito e fatto ; Ed io: se pria non vinco un terno al lotto, Di far questo pensier non posso affatto, In questo tempo che sono ridotto A dovermi trovar di soldi asciutto.
18
Ancorchè pensi far l'associazione, li tipografo prìa pagar conviene, Ma se fra tante cognite persone, Si trovasse un che ha sangue entro le vene?, Che improntasse il danaro all'occasione, Allor la cosa andar potrebbe bene, Che a' tempi nostri fra le genti umane, Se tu cerchi un favor, non trovi un cane.
19
E pur con tutto ciò, pien di speranza,
Virtù che l'uomo non ne stà mai senza,
Nel Palazzo Apostolico si avanza
L'Opra da me, dei dotti alla presenza;
Siccome il revisore ha per usanza,
Alli scrittori mai dar confidenza,
Che tiene tutti per gente bigonza,
Così mi disse colla rima in onza.

20
Amico, dimmi il vero dove hai studiato, Che venti canti scrivere hai potuto? E per fare un Poema equilibrato, Ci vuole un buon cervello, ingegno acuto! Ed io: reverendissimo, it curato Dei paese non mio, molto saputo, Che con parlare limpido e faceto, Ben prattico mi fe' dell'alfabeto.
21
Lascia lo scritto, mi rispose il frate, Per osservar se sian cose pulite, Se da me potrann'essere approvate Le frasi tutte, all'espressione unite Parti, e ritorna prìa che della State, Tutte l'ore del dì siano fuggite, Che se pecca non v'e, stampar si puote, Con un permesso scrirto a chiare note.
22
Fatto il tempo passar ch'era prescritto, Mi ripresento al revisor suddetto, Che a me rivolto: nel tuo manoscritto Benchè non vi si trova alcun difetto, Che il vesso è naturale, ma non invito, Qual si richiede per un tai soggetto, In Roma non giammai, deve esser fatto Stampare altrove, e mantenere il patto.
23
Come potea quet'ordine approvave, Che sotto gli occhi miei volea vedere, Dentro di Roma l'Opera stampare? Quest'era appunto il solo mio piacere La riprendo per cui senz'indugiare, Ritorno in casa e mi viene il pensiere, Far li associati, che nell'avvenire Qualche raggio per me potea sortire.

24
Ai varj amici, ai conoscenti ancora Ne parlo, e tutti con allegra cera, Dicono consentir senza dimora, Pur che la cosa fosse stata vera; Ma più che a quei di Roma, a quei di fuora Che assai più numerosa era la schiera, E l'uno e l'altro mi promette e giura, Di fare il voler mio, di aver premura.
25
li programma si stampa, e si consegna Alla gente di Roma e di campagna, Si manda nei procuoi, là dove regna Chi spesso i labri in Elicona bagna, Per le capanne, fra l'amica e degna Gente, custode della capra e l'agna, Onde il numero aver che ci bisogna, Di chi l'opera mia leggere agogna.
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Fu dato ancora a qualche pellicciaro, Che fà per tutte le tenute il giro, Per vendere e comprare, e far danaro Quando i merlotti gli vengono a tiro; Per acquistar la pelle di un somaro 0 di un mul che fà l'ultimo respiro, Di un cavai, di una vacca o pur di toro, Di un agnel, di castrato, o bianco o moro.
27
Ma questi iniqui e perfidi briganti, Diceano per le valli e per li monti, Che l'Opra si dovea pagare avanti, Per dare al buon tipografo gli acconti; Degli associati, fra li tanti e tanti, Se ne trovàr diversi a pagar pronti, Che i desideri miei di far contenti, Credevano gli amici e i conoscenti.

29
L'uno, di avere la moneta pronta Per la metà dell'Opera si vanta, Per l'intero pagar, l'altro gli conta Senza farsi pregar, soldi cinquanta; Preso questo denar, mi si racconta, Che l'uno e l'altro se l'imberta e conta, E di portarli a me faceano finta, Per esser gente di una stessa tinta.
30
Le sole firme a me solean portare, Non già propensi di farmi un piacere, Sol per farsi da me considerare, Ed un libro nel fin gratis avere; Conforme appunto tai dovetti fare, Per in tutto adempiere il mio dovere, Dai torchi vista l'opera sortire, Per non dovere in caso tal mentire.
31
Ed ecco fra non molto, a me sen viene, Dalle tenute alle città vicine, Più di un pastor, dicendo a me conviene Aver l'opera tua stampata al fine ; lo lieto in volto a lui rispondo : ebbene, Per le genti di Roma e contadine, E' pronta da parecchie settimane, Che prenderla e pagar, solo rimane.
32
Quegli rispose : amico, il pagamento Di anticiparlo fui veloce e pronto, Solo il commesso tuo veder contento, Che Far mi volle della stampa il conto; Ora se il libro consegnar sei lento, Non fai che un torto ed un'amaro affronto, Inoltre sentirai che in altro canto, Avranno senza men, fatto altrettanto.

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lo non potea restar coi labbri chiusi A questo dir, per cui così ripresi : Or caro amico mio, vi hanno confusi Qualche pochi impostori e maganzesi lo degli amici non mai feci abusi, Che anticipati mai denari presi, Prìa che vadino questi ai Campi Elisi, Meglio sarà per te che li ravvisi.
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Altri vennero ancor a dir lo stesso, Che per qualcuno rimasi commosso, Senza sapermi far nessuno espresso, S'era quel malfattore piccolo o grosso; Solo sapeano dir che bene spesso, Vanno cercando pelli a più non posso, E qualcun'altro che a quardarlo fisso, Si può ben giudicar degno di abisso.
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Che dopo avere i soldì ricevuti, Questi figli di preti, o pur di frati, Non sono avanti a noi mai più venuti, Fossero stati almen decapitati ! Vedi che razra di baron fottuti Degni di esser da Giove fulminati, Or si terranno i perfidi, segreti, Ma se li scopro, no,] andranno lieti.
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forse prìa di conoscerli, la Parca Afferra l'uno e l'altro, e poi lo corca. 0 dell'Olimpo l'immortal monarca Li farà capitar dentro una forca; Che aveano detto di ajutar la barca, E poi l'an fatta veramente sporca, Ma se li trovo nell'andare in cerca, Senza pietà la penna mia li

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Perchè con questo temerario ardire, Ripeter ve lo devo a note chiare, Perder fèro a me non poche lire, Per render sazie le lor voglie avare; Che molti avrei veduti a me venire, Un libro e forse due per acquistare, Che con un breve trapassar dell'ore, Un esito potevo aver maggiore.
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Quando dai torchi fuor l'opera venne, Dagli uomini espettata e dalle donne,
Vi fu chi la parola noti mantenne,
Sebbene io ti credea bacia Madonne;
Se avesse avute di aquile le penne,
Di Ercolle avrei passate le colonne,
E gito ancor per tutte le capanne,
Senza temer dei cani lor le zanne
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Per intracciare tutti i sottoscritti, E farli sovvenir dei nostri patti, Che diventare non potean i guitti, S'io da lor pochi avessi esatti ; Non volendo pagar stavano zitti, Col pensiero rivolto ai propri fatti, Per non dover trovai?si in casi bruttì, Vedendosi restar di soldi asciutti.
40
Così dovetti perder per lo meno
Duecento soci ricercati in vano,
Ch'irato sciolsi alla mia lingua il freno
Dicendo più di un termine profano
Di poi dovetti masticar veleno,
Quando seppi che a molti andato in mano
Era del mio prefato cappuccino
L'Opera, senza spendere un quattrino.

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Di più, per comparir sapienti anch'essi, Hanno per varie volte i labbri mossi, Tutti gli errorri miei per far espressi, Dicendo, che un teston son sei grossi; E se i versi a cantar si sono i?nessi Sembrano tante rane dentro i fossi, Le cicale e li grilli in lochi bassi, Senti meglio cantar, dovunque passi.
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Un che non sà formar neppure un verso, Senza ber di acqua di Elicona un sorso Che fà la desinenza per traverso, E se l'ottava fa, pare un discorso Che parlar di poesia si trova perso, E criticando, a par di Momo è corso, Era meglio da noi fosse scomparso, 0 si trovasse di salute scarso.

43
Sò che patisce dell'istesso male, Ciascun di quei, che và per ogni ovile, Che non guarisce, benchè all'ospedale Stia tutto marzo e la metà di aprile; Benchè non abbia in testa un fil di sale Ad aristarco vuole esser simile. Dicendo mal di ine colle parole: Oh bestia da porta?.? I?? cariole!

44
Perchè dove costor vanno la sera,
Varie cose ridire hanno premura,
Affinchè dei pastor tenga la shiera,
La bocca aperta alla di lor lettura;
E colla lingua benchè menzognera,
Credono poter ?far bella figura,
E dal vergar desiderato ancora
Sia e l'altro nella stia dimora

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Siccome van per le capanne tutte, Non sol di giorno, vi stanno la notte, Raccolgono notizie belle e brutte, Per poter comparir persone dotte; E non restano mai cori labbra asciutte, Che il vergar di buon cuor con due pagnotte, Una scodella aver gli fa di latte, Per tante cose raccontate esatte.
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Sebben qualcun di loro, manco se crepa, Distingue bene il calabron dall'apa, E qual testa di legno dalla cepa, Additar non ti sà qual sia la rapa; Dice ch'io gonfio di chiacchiere l'epa, Colla mia poesia del tutto sciapa, Che la mente non ho, profonda e cupa, Per parlar dei Romani e della lupa.
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Intender fanno, con una parola, Ch'io scrivo, e faccio sbagli cori la pala, Che ' e non posso saper senza lascuola, Vestir tutte l'ottave in piena gaia Dico e ripeto un'altra volta sola, Che dal pinto Talìa per me non cala, Per farmi lume colla sua candela, Che filo male e mal tesso la tela.
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Vorrei che mi dicesse un di costoro, Ch'hanno dura la testa a par di ui? ' muro Perchè mi cerca degli amanti il cori, Nel dì non solo, ancor nell'aere oscur o Perch'io rispondi all'amorose loro
lik Colla mia penna, e perchè lieti furo
Di ognì altro scritto mio, limpido e chiaro.
Benchè non stò coi letterati al paro

50
Dite: perchè mi cercano quei tali Che in volto ancor non hanno messi i peli, Che scriva con i versi naturali, Contro le ninfe perfide, infedeli? Vengono gli altri rompermi i stivali, Che con una mia satira gli sveli, 1 vari torti ricevuti e i duoli, Che in fine ad essi l'animo consoli
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Perchè vengono a farmi le carezze, Ch'io scriva sui sponsali e sulle nozze, Mettendo fuori varie lepidezze, Sempre evitando le parole sozze ? lo spregherei l'unguendo colle pezze, Facessi versi zoppi e rime mozze, Non mi farìano scriver le ragazze, Le persone neppur di tutte razze.
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lo non sono dei bravi lo conosco,
Ma se scrivo una cosa la compisco,
E certi vonno dir ch'io sono losco,
Prendo per colonna un'obelisco ;
Ascolto l'uno e l'altro, e non mi infosco,
Che presto a morte li condanna il Fisco,
Per dir male di me, ma fanno fiasco
A tagliarmi le gambe, che non casco.
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Degni lettori, io non arroto i denti, Contro gli amici veri tutti quanti, Ma contro questi iniqui e maldicenti Che volgono pei? tutto i passi erranti Quali dannosi a ine furon per venti, Senz'onor, senza fede ed ignoranti, Se di araidritto non saranno pronti Dovranno il fio pagar, nel fin dei conti.